Sport elettronici: il boom del gaming competitivo

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Di questi tempi non è difficile imbattersi in qualche articolo di giornale che parli del nuovo fenomeno degli eSports.

Stiamo parlando di videogiochi che vengono impiegati a livello professionistico, o meglio di una dimensione professionistica che sfrutta i videogiochi.

Da anni i giocatori che meglio si distinguevano nelle regolari modalità online partecipavano a tornei ufficiali dedicati ai loro titoli preferiti. Un assaggio di quella che è oggi la realtà degli eSports l’avevamo avuta già tra gli anni ’80 e ’90, quando le riviste di settore sponsorizzavano concorsi e gare a livello locale e nazionale.

Allora, però, i titoli non erano certo competitivi come quelli di oggi. I videogame che andavano per la maggiore erano i platform alla “Super Mario” e in molti casi non era previsto nemmeno che si potesse giocare in due, se non a turno.

Se il gaming è diventato agonistico lo si deve all’evoluzione tecnologica delle console. Le software house hanno avviato nel terzo millennio un conflitto senza soluzione di continuità a colpi di serie conclamate e mode passeggere. Ancora oggi, infatti, vengono prodotti titoli e sequel dei giochi più celebri, come gli sparatutto alla “Call of Duty”. In qualche caso il player più navigato può gridare alla ridondanza, ma in linea di massima il prosieguo della tradizione è una filosofia accettata nell’ambiente.

Se negli anni ’80 anche i più piccoli potevano intuire i comandi di un gioco testando i pochi pulsanti a disposizione sul gamepad, che rispondevano ai nomi di A e B, oggi è praticamente impossibile giocare senza aver studiato e memorizzato le varie combinazioni di tasti.

Quadrati, triangoli, tasti dorsali, levette analogiche, vibrazioni: l’esperienza di gioco si è radicalmente trasformata nel giro di pochi anni e richiede anche un bel po’ di sensibilità da parte del gamer, che deve percepire il momento giusto in cui premere un pulsante per ottenere il risultato desiderato.

Insomma, oggi godere adeguatamente di un videogame è diventato molto più complicato rispetto al passato. Non sono pochi i giovani che giocano per mettersi alla prova e sfidare coetanei in giro per il mondo anziché per passare il tempo e basta.

L’avvento delle connessioni veloci ha rivoluzionato l’intero settore dell’intrattenimento, come dimostrano i ricchi palinsesti cinematografici presenti sulla rete o la varietà di giochi di casinò online. Lo sviluppo di un sentimento agonistico è stato dunque consequenziale, automatico. I gamer più incalliti hanno attirato l’attenzione di grandi società grazie ai social e alle piattaforme di condivisione video come Twitch.

Chi gioca ai videogiochi può dunque rappresentare un’azienda o addirittura una città, percependo un ingaggio come un atleta professionista. Per arrivare a certi livelli, però, occorrono ore e ore di allenamento. Il sogno di tutti gli amanti del joystick è rappresentato dal World Cyber Games, dall’Electronic Sports World Cup e dal DreamHack, i più noti eventi internazionali sugli eSports.

Stando alle notizie più recenti, comunque, persino le Olimpiadi dovrebbero implementare spazi riservati ai videogiochi nella prossima edizione di Parigi. Al riguardo è sorta anche una piccola polemica in merito ai generi di titoli che sarebbero coinvolti, ma tant’è. I videogiochi non sono più un semplice regalo da fare a Natale o il capriccio dei ragazzini a caccia di svago. L’era del Game Boy, del Sega Mega Drive e del Nintendo 64 è passata da un pezzo…


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